ll nuovo film del Sony’s Spider-Man Universe.
“La fine dei film sui supereroi è qui”, “un disastro del quale non avevamo bisogno”, “l’ultimo disastro da un fumetto Marvel”, “flop al botteghino: pessime recensioni”, “stupido e insulso”: stralci dal web.
Madame Web è il quarto film del Sony’s Spider-Man Universe (SSU), media franchise incentrato sui supereroi che fanno sì parte della Marvel Comics, ma sono nati – e cresciuti – sulle pagine del mensile dedicato all’Uomo Ragno. Un franchise che obiettivamente non è mai decollato: misteriosamente, la Sony sembra ancora indecisa sullo stile da dare ai suoi film. Un po’ d’altronde come la DC Comics e il suo DC Extended Universe (DCEU, ora in mano a James Gunn: si attende la sua prima prova che dovrebbe essere Superman Legacy), ma sicuramente non come la casa madre, quella stessa Marvel che con il suo MCU (Marvel Cinematic Universe) ha cambiato le regole dei blockbuster, del botteghino e della narrativa cinematografica, riuscendo a dare un’impronta ben precisa ai suoi film.
Se i due film dedicati a Venom hanno avuto un buon successo, seppure col diesel, Morbius è stato un fallimento su ogni fronte: ma questo Madame Web sembra aver toccato i nervi di tutti, risvegliando una sorta di indignazione generale.
Ma prima di tutto, un po’ di storia. Madame Web è stata creata nel 1980 sulla testata The Amazing Spider-Man, esattamente sul numero 210, quando a scriverla c’era Danny O’Neil e a disegnarla un genio assoluto dell’illustrazione come John Romita Jr (figlio di tanto padre). Inizialmente, a portare il nick è stata Cassandra Webb, una donna anziana cieca sofferente di un deterioramento neurologico dovuti alla miastenia gravis, compensando però questi handicap fisici con delle abilità psichiche che le permettevano di vedere stralci di futuro. Molti anni dopo, nel 2010 e su Amazing #634, i testi di Joe Kelly e i disegni di Stefano Gaudiano nella saga Tetra Caccia fanno sì che Cassandra muoia, cedendo i poteri ad una ragazza di nome Julia Carpenter (che aveva già vestito i panni di Spider-Woman fin dalla miniserie Secret Wars del 1984).
Proprio Julia Carpenter appare nel film (con il cognome trasformato in Cornwall), insieme ad Anya – Aña – Corazon creata da Fiona Kai Avery su Amazing Fantasy #1 del 2004 con il costume e il nome in codice di Araña; e Martha “Mattie” Franklin, intravista su Spectacular Spider-Man #262 nel 1998 e poi definitivamente su Amazing Spider-Man #441, del maestro John Byrne e di Rafael Kayanan, mentre nome e costume di Donna Ragno le saranno attribuite solo nel 1999 su Amazing Spider-Man (vol.2) #5 di Howard Mackie e sempre Byrne, questa volta però solo ai disegni.
E il film? Certo, non è all’altezza dei prodotti dell’MCU, opere che hanno un meccanismo preciso come un orologio sia a livello narrativo che produttivo (quando non artistico); e neanche di alcuni casi sporadici del DCEU, che spesso produce opere di gradevole intrattenimento, ma a voler essere obiettivi, non è quel disastro che ha provocato questa alzata di scudi pressoché unanime. Non unanime al 100%, perché c’è chi giustamente lo ha descritto e recensito come un film “beatamente leggero” o anche “un esperimento interessante”: casi sporadici che insieme alla natura non così pessima del film possono anche adombrare qualche strano meccanismo social che ha portato ad una tale disfatta.
Questo perché non è da sottovalutare il fatto che negli ultimissimi anni i cinecomics sono nell’occhio del ciclone, anzi, sulla gogna social che tende a giudicare le opere quando trapelano le primissime indiscrezioni sulla trama: una gogna capace di decretare il successo o il flop di un prodotto in tempo reale e in world wide, indipendentemente dalla sua qualità obiettiva.
Non è un caso come per gli ultimi film dell’MCU che, come si diceva sopra, hanno un ben preciso stile (e una non deprecabile propensione verso una dimensione autoriale, relativa ovviamente al campo del cinema d’intrattenimento): e che secondo il web è nato e morto ciclicamente. E non è neanche un caso se Madame Web ha avuto tantissime prenotazioni in prevendita addirittura disdette a poche ore dal debutto, una volta usciti i primi commenti negativi dell’aggregatore Rotten Tomatoes - un po’ il Male assoluto, per il cinema – e a seguire di tutti gli altri.
Madame Web non è esente da difetti: il montaggio ha momenti di assoluta sciatteria (tanto da rendere incomprensibili alcuni piccoli passaggi di trama); le tre super eroine hanno dei costumi eccellenti, ma si vedono solo in due passaggi, in pratica quelli del trailer; e alcuni snodi sono lasciati per aria. Ma nonostante questo, è un divertissement slabbrato e divertito che proprio per la sua completa assenza di programmaticità ha il gusto libero della storia d’avventura. Le quattro protagoniste sono poi centrate con ottimi volti e caratteri funzionali, il villain (l’Ezekiel di Tahar Rahim) funziona e ha un’allure inquietante, l’origin story è affascinante al punto giusto – tanto da far venire la curiosità sul seguito, di cui la trama avrebbe bisogno visto che si interrompe a metà.
Seguito che non verrà mai, visto che i risultati al box-office non sono stati deludenti, ma di più, facendo ancora peggio del citato e tanto vituperato Morbius. Un risultato che dovrebbe far riflettere e portare ad un tentativo di dirottamento della fruizione social di certi film, visto che sembra si sia arrivati ad un punto di non ritorno deprecabile.
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