Un film magnetico e ipnotico.
Una piccola cittadina della Siberia è in quarantena da diverso tempo. Un luogo isolato e spettrale in cui le persone continuano a morire a causa di una misteriosa infezione dovuta alle risorse idriche contaminate e avvelenate. Comitati di difesa organizzati e vagabondi isolati si aggirano in scenari deserti a caccia dei loro stessi simili. Una ragazza è costretta a uscire di casa, nel tentativo di salvare la madre malata, per avventurarsi verso l’ignoto.
Il giovane Sasha Voronov, classe 1988, è uno dei nuovi esponenti del cinema russo, quello più ostico e autoriale. Mom, I befriended ghosts presenta echi e rimandi immediati a uno dei suoi maestri, Andrej Tarkovskij, con più di un’assonanza alla zona ignota, misteriosa e arcana di Stalker.
L’ultima visione delle Stanze di Rol, dove è stato bello e emozionante addentrarsi tra vari generi e registri, perdendosi al suo interno per tutta la durata del Torino Film Festival, ci ha regalato un’opera ermetica e scarnificata, fatta di silenzi e attese, di presenze e ombre, contraddistinta da dialoghi ridotti all’osso, scarni ed essenziali.
Cupo e oscuro, gelido e glaciale come il desolato paesaggio invernale in cui è immerso, Mom, I befriended ghosts è un lungometraggio magnetico e ipnotico, di grande cura e ricercatezza formale, che contiene al suo interno una delle scene più sorprendenti e suggestive di questa funesta e martoriata annata cinematografica. Una sequenza ambientata in un tunnel immerso nell’oscurità, illuminato a fatica da una fiaccola, con una ragazza che avanza a tentoni avvolta dal buio, da cui emerge all’improvviso, alle sue spalle, una figura fantomatica che le si avvicina in silenzio fino ad avvolgerla e opprimerla.
La macchina da presa di Voronov si limita a mostrare, senza fornire spiegazioni e sottolineature, un’umanità allo stremo, colpita da una malattia sconosciuta e mortale, privata di ogni residuo e parvenza di civiltà, in cui si lotta unicamente per la sussistenza. Qualcosa però sopravvive ancora, un barlume di speranza dato dall’incontro di due ragazze che iniziano a comunicare, a sorridersi e a cantare davanti a un fuoco improvvisato per la notte.
Mom, I befriended ghosts costituisce una visione difficile e impegnativa, a cui avrebbe giovato e necessitato il grande schermo, così dolorosamente assente e interdetto in tempi di pandemia, capace comunque di appagare lo sguardo e ripagare l’attenzione di chi si lascerà andare ai suoni distorti e alle immagini seducenti e ammalianti che lo caratterizzano nella sua asciuttezza e affilatezza.
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