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MR. HOLMES – IL MISTERO DEL CASO IRRISOLTO

MR. HOLMES – IL MISTERO DEL CASO IRRISOLTO

- Movieholic Hub

L’importanza delle storie.

Al quarto biopic della sua carriera, Bill Condon cambia decisamente i toni. Dopo James Whale (Demoni e dei), Alfred Kinsey (Kinsey) e Julian Assange (Il quinto potere), questa volta mette in scena la vecchiaia di un personaggio di fantasia, spacciandolo ovviamente per reale. E allora ecco che Sherlock Holmes non è più (solamente) il detective con la pipa e il cappello da cacciatore narrato da Sir Arthur Conan Doyle nei suoi romanzi e racconti, bensì una celebrità stanca del clamore suscitato dalle opere letterarie che lo hanno visto protagonista, scritte dal suo compare e amico di una vita, l’inseparabile Dottor Watson. Ma ora Watson è morto, e con lui tutti gli altri personaggi che hanno accompagnato le sue indagini nel corso dei decenni: dal fratello Mycroft alla fidata governante, la signora Hudson. Esattamente come raccontato da Conan Doyle negli ultimi racconti, anche qui troviamo uno Sherlock Holmes anziano che ha deciso di ritirarsi a vita privata nelle campagne del Sussex per dedicarsi all’apicoltura; quello che invece non conoscevamo è il motivo reale che lo ha spinto a questa scelta, dettata dall’esito tragico della sua ultima indagine ufficiale: scavando progressivamente nei meandri della memoria, verrà alla luce un segreto carico di rimpianti. Forse l’aspetto più interessante di Mr. Holmes risiede proprio nella sua natura esplicitamente fiction: il racconto di una storia di fantasia spacciata per vera diventa per Condon l’occasione per mettere in scena l’eterno (e certamente neanche troppo originale) dualismo tra realtà e finzione. Ma a differenza di tante operazioni analoghe, il suo film trova proprio in questo rapporto il punto di partenza per spostare il discorso appena più in là: Mr. Holmes è la storia di un uomo che per tutta la vita ha creduto esclusivamente ai fatti, sfruttando questo pragmatismo per rifuggire dal dolore e dai sentimenti. Ma la concretezza del reale da sola non basta, non può bastare: utilizzando gli stilemi del giallo classico per compiere un’indagine a ritroso nella sua memoria, Bill Condon e Ian McKellen fanno di Sherlock Holmes una figura quasi tragica, che solamente in tardissima età riesce a venire a patti con i fantasmi del proprio passato riconoscendo il ruolo fondamentale della fantasia e delle storie. Ecco allora che il film si trasforma in una riflessione sul potere immaginifico e salvifico del racconto, e il fatto che questa presa di coscienza avvenga all’interno di un personaggio di finzione spacciato per reale, trasforma Mr. Holmes in qualcosa di più di un semplice what if? accomodante e carico di buoni sentimenti. Quasi un gioco di specchi e di rimandi vertiginosi tra dimensioni parallele come la scrittura e la vita (e, di conseguenza, tra il cinema e la vita), che Condon non sempre sembra in grado di portare avanti con la giusta profondità, accontentandosi di uno script macchinoso e appoggiandosi a corpo morto sull’interpretazione di McKellen, attore straordinario che però qui sfiora in più di un’occasione il manierismo e l’overacting (nomination in vista?). Un’operazione riuscita quindi a metà, non priva di cadute di tono (su tutte, la sequenza a Hiroshima), ma anche capace di stimolare l’intelligenza dello spettatore ponendogli domande su quello che sta realmente vedendo. Perchè un film che crede nelle storie e nella loro importanza non potrà mai essere mediocre fino in fondo.

voto_3

Giacomo Calzoni
Giacomo Calzoni è nato a Perugia nel 1984, dove è attivo nell’organizzazione di eventi e rassegne cinematografiche. Collabora regolarmente con il quotidiano online Sentieri selvaggi, del quale cura la rubrica dedicata al cinema dell’orrore e fantastico, e con il mensile Cineforum. Suoi interventi appaiono inoltre nella rivista Nocturno Cinema e nei siti internet Orizzonti di gloria e Point Blank. Ideatore e conduttore del programma radiofonico “La Cripta di Midian”, ha collaborato al saggio collettivo “La vendetta degli antieroi. Il cinema di Nicolas Winding Refn” (Il Foglio Letterario, 2012) e curato l’ebook “Dario Argento: l’amore e l’orrore” (GoWare & Sentieri selvaggi, 2013).