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MUSEO – FOLLE RAPINA A CITTÀ DEL MESSICO

MUSEO – FOLLE RAPINA A CITTÀ DEL MESSICO

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Perché rovinare una bella storia con la verità?

1985, Città del Messico, vigilia di Natale. Juan e Benjamin, due vitelloni trentenni amici per la pelle, compiono un’incredibile rapina al Museo nazionale di antropologia, trafugando diverse opere Maya d’inestimabile valore. Lo fanno così, quasi per gioco, per combattere la noia, per interrompere e spezzare una routine quotidiana fatta di un girovagare infinito e di un “cazzeggio” interminabile. Il difficile viene dopo, nell’affannosa e impossibile ricerca per trovare un compratore disposto a prendersi i rischi di una refurtiva  dal valore talmente incalcolabile da risultare troppo scomoda e ingombrante per chiunque.

Il regista messicano Alonso Ruizpalacios si era già fatto notare con Güeros, il suo lungo d’esordio di quattro anni fa che aveva fatto incetta di premi e riconoscimenti in diversi festival internazionali. Museo è una piacevole riconferma delle sue doti non comuni di regista e sceneggiatore. Fautore di un modo di fare cinema libero, arioso, volutamente sghembo, intenzionato a non farsi ingabbiare e imbrigliare in un genere predefinito o in una etichetta precostituita. In questo suo secondo film si passa con estrema disinvoltura e grande facilità dall’heist movie al road movie, dalla commedia generazionale al dramma familiare. Ruizpalacios si è ispirato a una storia vera che a metà degli anni ’80 ebbe grande risonanza presso i media e sconvolse un’intera nazione, pronta a riversarsi in massa al Museo antropologico dopo il furto per vedere le teche vuote dei manufatti trafugati. Il regista messicano decide però di rimodulare e di reinterpretare la realtà senza l’obbligo di attenersi fedelmente agli eventi narrati, per non rimanerne schiacciato o troppo vincolato. A contare non è tanto la storia, che per quanto eclatante è pur sempre incentrata su una rapina (già protagonista al cinema di svariate pellicole), ma il modo in cui viene raccontata e trasposta sullo schermo tramite un approccio del tutto personale, inusuale e originale architettato dall’autore per “condurre le danze” a modo suo. Flashback anomali e improvvisi, inserti onirici, fuori fuoco insistiti, una messa in scena magistrale del furto al museo – con un gran lavoro sul sonoro – che si conclude con un montaggio sincopato in cui le immagini sembrano trasformarsi e convertirsi in una lunga serie di diapositive.

A calarsi nei panni di Juan un Gael García Bernal in grandissima forma (che figura anche tra i produttori del film) mentre Leonardo Ortizgris, già protagonista in Güeros, interpreta Benjamin. Nel ruolo del padre di Juan troviamo uno degli interpreti più importanti del cinema sudamericano contemporaneo, il cileno Alfredo Castro, attore feticcio di Pablo Larraín. Dopo Museo, premiato per la miglior sceneggiatura all’ultima Berlinale, siamo curiosi di scoprire se Alonso Ruizpalacios rimarrà ancorato alle sue radici o seguirà le orme di alcuni suoi illustri connazionali come Guillermo del Toro, Alfonso Cuarón e Alejandro González Iñárritu che hanno ceduto alle lusinghe hollywoodiane ottenendo in cambio budget importanti, premi e fama internazionale.

voto_4

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.