L’agente della CIA ‘Joe’ (la sempre affascinante Zoe Saldana, qui in versione super-tosta) comanda una piccola task force militare specializzata in covert operations, meglio note come Black Ops. Stiamo parlando delle così dette operazioni ‘clandestine’, quelle che il grande pubblico crede erroneamente illegali e che invece sono solamente eseguite sotto copertura. Dopo un’ultima missione abbastanza discutibile e la perdita di un asset (la morte di una infiltrata), la nostra Joe arruola una recluta della Recon Force (forze speciale dei marines) allo scopo di infiltrarla in una di quelle ricche famiglie arabe con l’hobby di sponsorizzare e organizzare attentati islamici. Scopo della missione: stringere amicizia con la figlia del leader integralista, e poi frequentarla fino a localizzarne finalmente il padre, che è un fantasma in fuga ormai da anni. Una volta trovato il capofamiglia, la squadra di supporto all’infiltrata procederà all’eliminazione “istantanea” del ricercato con qualunque mezzo, e a qualunque costo.
Una sorta di rivisitazione di Miami Vice in chiave militare, Lioness segue soprattutto le vicende personali del team leader Joe e della sua famiglia: una donna “cazzutissima”, che per fare bene il suo lavoro (difendere il suo paese dal terrorismo) ha dovuto rinunciare alla sua morale personale, alla sua umanità e anche a essere una buona madre, perché il lavoro di Joe è tante cose, ma non quel genere di lavoro che si possa seguire part-time, tenendo la famiglia al primo posto. Quello di Joe è un lavoro “tutto o niente”, e nonostante Joe abbia due figlie (una piccola e una adolescente, con tutte le rogne del caso) si trova ormai ben oltre il punto di non ritorno rispetto al suo lavoro, quel punto in cui tutto il resto non dovrebbe contare quasi nulla, e questo vale anche per i problemi della sua primogenita, che in sostanza la odia perché è una madre assente. Anche se non viene mai nominata durante la serie, l’unità Americana che si occupa di missioni militari sotto copertura è il pressoché sconosciuto SAD-SOG, un’unità chiusa con grande scandalo negli anni Settanta (omicidio, per la precisione), e ricostituita 40 anni dopo tale e quale, giusto con qualche regola da seguire in più. Il SOG nacque durante la guerra del Vietnam. All’epoca, per andare sotto copertura bastava togliersi l’uniforme, travestirsi da Vietcong e pregare il Signore e tutti i santi di non doversi mai avvicinare così tanto al nemico che questi fosse in grado vedere i tuoi lineamenti occidentali. Oggi, ovviamente, è tutto molto più complicato, e si parla principalmente di passaporti falsi, identità inventate, profili social fasulli eccetera.
Nel 2018, mentre scrivevo i miei romanzi di fantasia sul Vietnam, ho conosciuto anche un reduce che questa cosa di togliersi la divisa l’ha fatta veramente, proprio mentre combatteva in Vietnam per il SOG, e francamente era ora che l’industria dello spettacolo si accorgesse delle vite incredibili di queste persone. Come tutti i lavori dell’ormai famoso Taylor Sheridan (Yellowstone, 1883), anche Lioness ci offre situazioni difficili, personaggi con psicologie molto profonde e “oceani” di sofferenza che difficilmente lasceranno lo spettatore insensibile, e i sempre verdi meravigliosi dialoghi ”alla Sheridan”. Ci sono anche dei limiti, naturalmente: Lioness non è una serie perfetta, e di sicuro non è per tutti, fosse anche solo per la facilità con cui si può prestare all’accusa di filo-militarismo (qualunque cosa voglia dire…). Lioness sponsorizza infatti a pieni polmoni l’idea machiavellica che il fine giustifichi i mezzi, ovvero che per eliminare il Bin Laden di turno si possa (e si debba) fare qualsiasi cosa. Tra i difetti più terra terra, sicuramente anche la presenza “scenica” della leonessa infiltrata, il cui physique du role apparirà completamente fuori luogo agli spettatori più vicini al mondo militare. Laysla De Oliveira è un’attrice bellissima e davvero brava… Ma ogni volta che mi sono trovato davanti agli occhi il suo fisico da fotomodella d’alta moda è sempre stato grosso modo un pugno in un occhio, perché con quel genere di aspetto non arriverebbe nemmeno all’ora di pranzo, nei ricognitori dei Marines. Questa però è una di quelle sottigliezze che daranno fastidio solo agli spettatori vicini al mondo militare, tutti gli altri non se ne accorgeranno nemmeno. E quello di cui la ragazza manca in physique du role lo compensa pienamente perché è davvero capace, specialmente nei momenti più drammatici.
In conclusione: se siete appassionati del genere militare, non perdetevi questa specie di Miami Vice delle forze speciali con Nicole Kidman e Morgan Freeman in ruoli di supporto. A quelli di voi invece che non sono appassionati del genere, provate comunque a dargli una possibilità. Che faccia al vostro caso o no, stiamo comunque parlando di una di quelle che serie che si piazza tranquillamente una spanna sopra la media.
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