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POPPY FIELD – CAMP DE MACI

POPPY FIELD – CAMP DE MACI

PF foto4

Un atto d’accusa contro l’omofobia.

Il cinema rumeno prosegue a dare bella mostra di sé nei festival internazionali, non solo grazie ai registi di punta della Nuova Onda come i vari Cristian Mungiu, Cristi Puiu e Corneliu Porumboiu, ma anche per merito dei nuovi talenti che continuano a emergere e farsi conoscere. Dopo Adrian Sitaru, presente al TFF nel 2016 con ben due titoli, quest’anno tocca al regista di provenienza teatrale Eugen Jebeleanu, in Concorso a Torino col suo lungo d’esordio, tenere i riflettori puntati su una delle cinematografie più vitali e interessanti del panorama mondiale.

Camp de maci è un piccolo film che alterna precisi e puntuali piani sequenza a efficaci e oculati movimenti di macchina, girato perlopiù in interni, con una lunga parte centrale ambientata in una sala cinematografica. Una sala in cui è appena stata interrotta la proiezione in corso con un’azione di forza ad opera di un manipolo di manifestanti omofobo e nazionalista che vi ha fatto irruzione per protestare contro il film in programma incentrato su un amore lesbo. Poco dopo la sala viene sgomberata e liberata dalla polizia e al suo interno inizia un altro film, o meglio prosegue la storia di Camp de maci. Quella di Cristi, uno dei poliziotti intervenuti per placare gli animi, costretto ad aspettare seduto in platea davanti a uno schermo desolatamente bianco illuminato a giorno. Cristi è gay, a inizio film lo abbiamo visto riabbracciare Hadi, il ragazzo francese con cui ha una relazione a distanza che lo è venuto a trovare per qualche giorno. Cristi vive di nascosto e in modo conflittuale la propria identità sessuale, anche a causa del suo ambiente di lavoro piuttosto maschilista e omofobo. Cristi ha appena aggredito uno degli spettatori, un ragazzo che lo ha riconosciuto e minaccia di smascherarlo e additarlo ai colleghi. Teso e frustrato, si ritrova in gabbia in un cinema ormai vuoto in cui è costretto a fare i conti con se stesso, con le sue paure e con la sua identità sessuale, che dimostra di non riuscire ancora ad accettare pienamente e serenamente, di fatto in contrasto col tipo di lavoro che svolge per effetto dell’ambiente “macho” e ottuso che lo circonda. Il regista, insieme a Ioana Moraru che ha scritto e sceneggiato il film, compie un atto d’accusa nei confronti della Romania, un paese decisamente indietro in termini di accettazione della comunità LGBTQ+. L’idea alla base del film è nata proprio da eventi reali accaduti a Bucarest, dove diverse proiezioni di film LGBTQ+ sono state sabotate da manifestanti omofobi nell’ultimo decennio. Da qui l’interrogarsi su quanto sia fattibile lavorare e realizzarsi in un contesto del genere per una persona gay. Un tema che può estendersi sicuramente anche al di fuori della Romania, non certo l’unico paese al mondo ad avere problematiche di questo tipo, e abbracciare anche molte altre categorie di lavoratori e professionisti (si pensi ad esempio a quanto sia vissuto e percepito come un tabù assoluto l’essere omosessuali nel  finto e dorato ambiente del calcio).

Jebeleanu riesce a restituire e far percepire allo spettatore le tensioni e i conflitti irrisolti del protagonista e della società rumena, incapace di affrontare in modo aperto, serio e maturo certe tematiche attuali e universali.

voto_4

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.