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RICHARD JEWELL

RICHARD JEWELL

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L’uomo nel mirino dei media e dell’FBI.

Negli ultimi anni Clint Eastwood, novant’anni il prossimo 31 maggio, ha focalizzato di frequente la sua attenzione su uomini comuni divenuti eroi per caso, talvolta durante lo svolgimento del proprio lavoro. Persone normali e ordinarie, come i tre ragazzi americani in viaggio per l’Europa che durante un viaggio in treno da Amsterdam a Parigi sventano un attentato terroristico (Ore 15:17 – Attacco al treno) o il pilota di linea Sully Sullenberger che grazie a un atterraggio di emergenza sul fiume Hudson a Manhattan è riuscito a salvare la vita dei 155 passeggeri a bordo del volo 1549 (Sully). In Richard Jewell, il suo nuovo lavoro tratto sempre da una storia vera, c’è una variazione significativa rispetto ai casi citati qui sopra perché qui l’eroe per caso diventa in pochi giorni il cattivo, il nemico della Nazione, il terrorista da annientare.

Olimpiadi di Atlanta, estate 1996. Richard Jewell, guardia di sicurezza in servizio durante i Giochi Olimpici, trova uno zaino sospetto sotto una panchina del Centennial Park durante un concerto serale. Grazie al suo zelo e alla sua prontezza nell’avvisare polizia e artificieri, viene delimitato velocemente un perimetro di sicurezza prima che gli ordigni all’interno dello zaino esplodano causando la morte di due persone e il ferimento di qualche centinaio di persone. Senza il suo intervento si sarebbe verificata una strage, Richard diventa così un eroe nazionale, giornali e tv non fanno che parlare di lui e del suo coraggio. Nel giro di pochi giorni l’FBI si ritrova a indagare proprio su Jewell, diventato il sospetto numero uno sulla sola base di ipotesi e congetture, senza alcuna prova, senza il minimo elemento a suo carico. Non viene mai formalizzata un’accusa a suo carico da parte del Governo degli Stati Uniti ma l’FBI inizia a perseguitarlo, a spiarlo, a concentrare le sue attenzioni unicamente su di lui a causa di alcuni suoi trascorsi, di eccessi di zelo emersi in precedenti occupazioni come guardia giurata. Richard viene dato in pasto agli sciacalli, ovvero ai media che vanno a nozze con la storia del finto eroe, trasformandolo in colpevole, cavalcando il grande clamore nato intorno a questo drammatico e tragico episodio. Jewell è il perfetto capro espiatorio, un uomo obeso di 33 anni che vive ancora con la madre, dai modi un po’ ottusi e bizzarri e con un vero arsenale di armi in casa (detenute legalmente in quanto cacciatore). Anziché indagare realmente sull’attentato l’FBI si concentra ciecamente su una pista sbagliata, così come i media che invece di adoperarsi in un’inchiesta giornalistica seria e approfondita si buttano a testa bassa sul facile scoop, mettendo alla gogna, senza alcuno scrupolo, un essere umano divenuto improvvisamente il lupo cattivo.

Clint Eastwood, monumento vivente del cinema americano, mette ancora una volta al centro del suo interesse e della sua poetica l’essere umano, le persone con un profondo senso del dovere messo al servizio della collettività. Ci mostra le falle della società statunitense, di un sistema al collasso in cui si può passare in un lampo da eroe nazionale a terrorista. Accusato spesso dai suoi detrattori, in modo ottuso e fazioso, di essere un fascista reazionario, il grande cineasta americano si dimostra ancora una volta critico e severo verso le massime istituzioni del suo Paese e verso i media, messi giustamente alla berlina, senza nascondere il suo profondo disprezzo verso un modo sbagliato, morboso e malato di fare informazione. La fiducia e la speranza di Clint sono sempre riposte nei singoli, in chi riesce a fare la cosa giusta malgrado tutto, all’interno di un sistema folle e sbagliato. Il protagonista del suo ultimo, bellissimo, film precipita in un incubo kafkiano da cui sembra impossibile svegliarsi e ne riesce a uscire solo grazie all’aiuto di un avvocato un po’ sgangherato che ha rinunciato a una brillante carriera perché insofferente alle autorità, alle regole e ai principi che determinano la nostra società. Eastwood sforna un film dalla regia solida e classica, irrobustito da una efficace e incisiva sceneggiatura firmata da Billy Ray e da un cast perfetto che dimostra di saper dirigere magnificamente. Accanto al protagonista – il poco conosciuto Paul Walter Hauser qui nel ruolo della vita – spiccano le interpretazioni di Kathy Bates nel ruolo della madre di Jewell, nominata ai Golden Globe e all’Oscar come miglior attrice non protagonista, e di uno stratosferico, caustico, sarcastico e ironico e Sam Rockwell che nei panni dell’avvocato Watson Bryant sforna una delle migliori prove della sua carriera. Dall’alto delle sue (quasi) novanta primavere Eastwood ci regala un’ennesima, straordinaria, parabola umana capace di far appassionare, riflettere e commuovere il pubblico di ogni età. Nonostante tutto è bello vivere in un mondo in cui (quasi) ogni anno è ancora possibile ammirare sul grande schermo le opere di grandi maestri come Woody Allen e Clint Eastwood.

voto_4

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.