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Un requel per risorgere.

Cosa resterà di questo quinto capitolo, che di fatto guarda solo al primo (come ha fatto in tempi recenti il nuovo Ghostbusters: Legacy) di una delle saghe (meta) horror più amate e conosciute degli ultimi 25 anni? Sicuramente l’auto definizione infilata in un dialogo dagli autori, decisamente riuscita e brillante, quel suo proporsi e definirsi un requel, termine azzeccato che rappresenta una sintesi e una crasi tra reboot e sequel. Per Hollywood, piombata da lungo tempo in una preoccupante crisi e scarsità d’idee, è una manna dal cielo, un modo per continuare a macinare soldi riportando in sala i fan e gli estimatori di saghe o trilogie che di fatto sembravano ormai concluse e cercando nuovi adepti tra le nuove generazioni. Lo ha fatto la Disney con J.J. Abrams che nel 2015 ha riportato in auge la saga di Star Wars riuscendo con Il risveglio della forza a entusiasmare e calamitare in sala i fan della prima trilogia che non hanno mai digerito i prequel diretti da George Lucas. Lo ha fatto la Warner Bros, probabilmente fuori tempo massimo, con Matrix Resurrections, il quarto capitolo della saga diretto dalla sola Lana Wachowski (orfana della sorella Lilly che se ne è chiamata fuori) che di fronte alle minacce dei produttori di girarlo comunque affidandolo ad altri ha deciso – scientemente – di sezionarlo e distruggerlo con le sue mani. Il nuovo Scream, si noti la voluta e studiata assenza accanto al titolo del numero 5, come dicevamo si rifà solo al primo capitolo, giocandoci e citandolo di continuo fino a volerlo replicare, come sottolinea il finale ambientato nella stessa casa del film diretto da Wes Craven nel 1996 durante il solito party che vede coinvolti i soliti teen-agers pronti per la solita mattanza. Da Craven, scomparso nel 2015 (a cui il film è dedicato) e regista di tutti e quattro i capitoli precedenti nati dalla penna dello sceneggiatore Kevin Williamson, viene ripreso tutto l’impianto meta narrativo mischiato e condito con massicce dosi di humor e ironia. Un giochino, di questo si tratta, e i due registi, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett che ne hanno raccolto la pesante eredità per fortuna sono i primi a saperlo: funziona abbastanza bene, intrattiene, ha qualche battuta divertente se non irresistibile (applausi a: mi hanno radicalizzata) e regala alcune sorprese e un bel po’ di morti ammazzati in malo modo (è il capitolo più feroce e sanguinario, il coltello di Ghostface non riposa mai). Dal passato ritorna come sempre il trio di personaggi storici interpretati da Neve Campbell, Courteney Cox e David Arquette affiancati qui da nuovi caratteri guidati dall’attrice messicana Melissa Barrera, la protagonista del film. Un’operazione  in stile fanservice che ricorda e ricalca quella messa in atto per gli ultimi tre capitoli di Star Wars in cui tornavano in scena i mitici Han Solo, Luke Skywalker e Principessa Leila accanto ai giovani protagonisti. I nuovi sceneggiatori James Vanderbilt e Guy Busick si dimostrano rispettosi di chi li ha preceduti, continuando a insistere nel solco del film nel film, ovvero i vari Stab giunti qui all’ottavo capitolo (1) e a giocare con le vecchie e nuove regole degli horror da tenere a mente e rispettare, aggiornando il discorso alla luce dei nuovi titoli usciti in questi ultimi anni e divenuti dei punti di riferimento per gli amanti del genere come It follows, The Witch, Babadook (continuo a preferire Babadook) e i film di Jordan Peele e Ari Aster. Sul finale emerge qualche debolezza e fragilità strutturale, il giochino si logora un po’ in una chiusa superficiale e poco convincente dove risulta completamente assente il ritratto generazionale che invece emergeva con forza nel primo Scream. Negli Stati Uniti al botteghino è partito bene nonostante la pandemia, da noi invece arranca come qualunque altro titolo uscito in questo mesto e desolante primo mese dell’anno. Vincente l’idea del marketing di promuoverlo con una locandina (in cui sono presenti tutti i personaggi principali, una dozzina) che in basso riporta la scritta l’assassino è nel poster.

(1) L’idea del primo fantomatico Stab, un film horror volutamente parodico che ripercorreva i fatti avvenuti nel primo capitolo nella cittadina di Woodsboro, era stata introdotta in Scream 2, che aveva uno degli incipit più belli della saga ambientato in una sala cinematografica proprio in occasione dell’anteprima per il pubblico di Stab.

voto_3

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.