Miracolo o illusione?
Apple TV+ è approdata in Italia e nel resto del mondo da circa sei mesi, distinguendosi subito per la qualità piuttosto elevata delle sue produzioni. La piattaforma streaming della Apple non punta sulla quantità come Netflix, che sforna produzioni in modo compulsivo ossessivo ad ogni latitudine e longitudine, ma sulla qualità delle serie tv che realizza. Il modello di riferimento sembra essere più Amazon Prime Video, col preciso intento di dar vita a produzioni accurate e ricercate senza l’assillo di uscire ogni settimana con nuovi film (ne ha fatti pochissimi al momento) e serie tv rivolte e mirate ai vari mercati internazionali. Insomma, poche ma buone.
Tra le prime serie rilasciate Servant merita senz’altro una certa attenzione, non tanto per il nome del suo showrunner, Tony Basgallop, che comunque ha già al suo attivo diverse produzioni seriali, ma per uno dei registi – nonché produttori esecutivi – coinvolti nel progetto. Ci riferiamo a M. Night Shyamalan, regista che finora si era concesso un’unica incursione nell’ambito seriale con Wayward Pines, di cui aveva diretto solo l’episodio pilota. Per Servant Shyamalan raddoppia, curando in prima persona il pilot e il penultimo episodio, di gran lunga il migliore dell’intera stagione.
I coniugi Turner hanno perso da poco il loro bimbo di pochi mesi, Jericho. La madre, Dorothy, ha avuto un tale tracollo emotivo e psicologico da convincere il marito Sean a seguire i consigli di una terapeuta, utilizzando una bambola reborn (una bambola molto realistica in vinile) per rimpiazzare il figlioletto morto. Dal momento che Dorothy deve tornare al suo lavoro di inviata per un network televisivo decide di assumere una giovane tata, Leanne, che si prenda cura del suo bambino/bambolotto. Quando Sean si accorge che la ragazza prende fin troppo seriamente il suo ruolo di (finta) tata anche durante le ore di assenza della moglie ne resta turbato, per poi essere travolto dallo shock di trovare nel lettino un neonato in carne e ossa al posto del bambolotto.
Chi non l’avesse già vista può stare tranquillo, non si tratta di spoiler fatti ad arte per togliere il piacere della visione, ma della semplice sinossi del primo episodio, peraltro già contenuta nel trailer di lancio. Il bello deve ancora arrivare! Già, perché Servant riesce a rilanciarsi continuamente nel corso dei dieci episodi da mezz’ora cadauno che costituiscono la prima stagione e a trarre il massimo giovamento possibile dall’unità di luogo, ovvero la casa dei coniugi Turner in cui è interamente ambientata. Una serie difficile da catalogare o etichettare, continuamente in bilico tra diversi generi, dal comico al grottesco, dal mystery all’horror. L’impronta di Shyamalan è palese e evidente fin dalle prime scene, dal taglio e dallo stile registico (comprese certe inquadrature che rimandano ad alcuni suoi lavori per il grande schermo), al magistrale utilizzo della suspense e della tensione, dimostrandosi ancora una volta moderno discepolo del cinema di Alfred Hitchcock e ritagliandosi come al solito un piccolo e fugace cameo. I personaggi principali sono pochi e ben caratterizzati, si disvelano poco a poco nel corso della narrazione, che talvolta si affida e procede per plot twist, altro elemento ricorrente nel cinema di Shyamalan. Leanne, la servant del titolo interpretata dall’astro nascente Nell Tiger Free già vista e ammirata in serie di grande successo come Too Old to Die Young e Il trono di spade, è uno dei personaggi cardine per la progressione narrativa degli eventi, il più ambiguo e misterioso. Talvolta appare come una ragazza pura e ingenua, talvolta come una giovane fanatica religiosa in grado di manipolare e inquietare chi le sta intorno, soprattutto Sean che brancola nel buio, incredulo e basito da quanto sta accadendo all’interno della sua abitazione. Il penultimo episodio, Jericho, è un lungo, doloroso e straziante flashback che finalmente mostra e spiega allo spettatore come sia maturata la tragica scomparsa del neonato dei coniugi Turner: Dorothy, ben interpretata da Lauren Ambrose, ne è l’assoluta protagonista, a un passo dalla follia a causa di un drammatico e funesto blackout mentale, sola nell’affrontare un orrore indicibile. Il suo personaggio, che passa da momenti di euforia immotivati e incontrollati a lunghi e preoccupanti stati catatonici, ricorda alcune protagoniste dei film di Roman Polanski, in particolar modo Repulsion e Rosemary’s Baby. Se i due personaggi femminili principali non hanno problemi a credere al miracolo, così come si erano trovate perfettamente a loro agio durante la messa in scena, per rendere credibile e spontanea una finzione alquanto bizzarra e straniante, diverso è il ruolo dei protagonisti maschili, scettici e insofferenti, più d’una volta increduli ai loro occhi. Sean, oltre a elaborare un lutto insopportabile, si trova a dover gestire una moglie fragile e instabile, mentre Julian – il fratello di Dorothy ottimamente interpretato da un ironico e brillante Rupert Grint che sta facendo di tutto per lasciarsi alle spalle l’ingombrante saga di Harry Potter – è il più diffidente e sospettoso nei confronti di Leanne.
Già confermata per una seconda stagione Servant sembra poter avere ancora diverse frecce al suo arco, come dimostra il finale aperto – con tanto di immancabile twist ending – di questa prima annata, suggestivo e di grande impatto.
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