Il “sequel” di Sicario.
La guerra del governo americano ai cartelli messicani della droga si è fatta più dura e feroce da quando i narcotrafficanti hanno permesso a terroristi islamici di infiltrarsi negli Stati Uniti passando dalla frontiera messicana. L’agente federale Matt Graver riceve carta bianca dal governo americano per combattere i narcos utilizzando il loro stesso modus operandi, in un’operazione segreta e non riconosciuta volta a far scoppiare una sanguinaria guerra interna tra i cartelli. Graver si trova nuovamente a collaborare col misterioso Alejandro, ex avvocato la cui famiglia è stata uccisa da un boss del narcotraffico, che non ha ancora placato la sua sete di vendetta. I due, per scatenare la guerra tra bande, rapiscono la figlia di un potente boss.
Soldado (il cui titolo originale è Sicario: Day of the Soldado) viene “venduto” e proposto come il sequel di Sicario, che in realtà era un progetto autoconclusivo. I legami tra i due film non sono poi così stretti e profondi. È vero, l’ambientazione è la stessa, hanno in comune un paio di personaggi principali e sono stati scritti entrambi da Taylor Sheridan. Diversi invece i registi, col nostro Stefano Sollima chiamato a prendere il posto del canadese Denis Villeneuve, che tre anni fa aveva diretto Sicario, lanciato ormai verso altri generi (la fantascienza) e progetti come il nuovo, atteso e ambizioso adattamento di Dune. Sollima, giustamente, nel promuovere il suo primo film girato oltreoceano, insiste sul fatto che può essere visto anche da chi è all’oscuro degli accadimenti precedenti perché le due storie non hanno particolari intrecci e legami narrativi. Preso singolarmente Soldado può essere considerato un discreto prodotto di genere, con ruvide e serrate scene d’azione ben orchestrate da Sollima (che riprende quasi alla lettera alcune sequenze dal capitolo precedente, come i convogli di auto blindate impegnati ad attraversare la frontiera), la cui regia può essere ritenuta uno dei punti di forza del film. Invece il confronto con Sicario risulta abbastanza impietoso, Soldado non ne possiede la stessa potenza visiva e non ha neanche dalla sua la splendente e sublime fotografia di Roger Deakins, che illuminava da par suo il film di Villeneuve. Si sente anche la mancanza del bel personaggio femminile, complesso e stratificato, interpretato da Emily Blunt nel film del 2015, che faceva da perfetto contraltare a quelli impersonati da Brolin e Del Toro, innescando una conflittualità e una tensione continue e costanti. Sollima si concentra più sulla storia, si attiene al genere, laddove Villeneuve lavorava maggiormente sulle sfumature, sui chiaroscuri, sulle sfaccettate psicologie dei personaggi che in Soldado purtroppo sono poco approfondite, abbastanza monodimensionali (si pensi all’evoluzione o meglio alla normalizzazione del personaggio interpretato da Benicio Del Toro che da ambiguo, spietato e indecifrabile diventa più umano, empatico e rassicurante). Le colpe vanno ricercate soprattutto nello script di Taylor Sheridan che scricchiola qua e là finendo per implodere nell’epilogo, poco plausibile e ancor meno credibile, già proiettato su un terzo – a quanto pare inevitabile – capitolo, come se si trattasse di un finale di stagione di una serie tv, a differenza di Sicario che possedeva ben altra chiusa, nerissima e dolente.
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