Live long and prosper, Star Trek!
Giusto in tempo per il suo cinquantesimo anniversario, ecco arrivare in sala un nuovo episodio della longeva saga stellare ideata da Gene Roddenberry, il terzo se si considera il refresh operato da JJ. Abrams nel 2009. Forse perché ancorata ad una mitologia meno ferrea di quella del “rivale” Star Wars (sei film in quarant’anni, contro gli oltre dieci film e le altrettante serie tv che ben conoscono tutti i Trekkies, senza contare fumetti, romanzi, fan fiction…), oltre che ad aspettative “globali” meno pressanti, Star Trek nelle mani di Abrams ha goduto di una libertà di movimento assolutamente inaccettabile per la creatura di Lucas. Il restart della saga di Roddenberry ha sconcertato i fan integerrimi, ma conquistato una nuova generazione di spettatori e appassionati: un reboot che al contempo è anche sequel e remake. Una nuova avventura che però avviene in un universo “consciamente” parallelo a quello dei film classici. Abrams non spinge il tasto reset, ma fa convivere passato e presente allo stesso tempo (un po’ come ha azzardato, con varie limitazioni, nel suo Il risveglio della forza), in un’operazione raffinata e teorica che tuttavia non “se la tira”, ma anzi, diverte e intrattiene come pochi altri prodotti visti nell’ultimo decennio. Il capitolo due, Into Darkness, ha proseguito sulla strada inaugurata dal predecessore, prendendo però come riferimento Star Trek – L’ira di Kahn (forse il film della saga più amato), rafforzando i punti fermi di un kolossal spaziale proiettato verso il futuro, ma consapevole del proprio passato. Nella nuova pellicola della serie, Star Trek Beyond, il timone della regia è passato da Abrams (sempre produttore) a Justin Lin, quello che ha dato forma e riportato in quota la serie di Fast and Furious, mentre la sceneggiatura non porta più la firma del duo Kurtzman-Orci ma dell’attore Simon Pegg. Il cambiamento è meno netto rispetto a quello che si poteva supporre. La formula ormai è collaudata: umorismo e ironia in dosi massicce, azione a rotta di collo, ammiccamenti ai fan: le dinamiche tra i protagonisti sono assodate e l’operazione per forza di cose è meno teorica rispetto ai capitoli precedenti (e per fortuna, o il gioco avrebbe iniziato a mostrare la corda). La nave stellare USS Enterprise al comando di un dubbioso capitano Kirk si imbarca in una misteriosa missione di salvataggio all’interno di una nebulosa. Kirk e il suo equipaggio (che include il recalcitrante amico, il dottore Bones McCoy, e il vulcaniano Spock con la sua amata Uhura, con cui pensa di non avere più un futuro) capiscono ben presto di essere caduti in una trappola architettata dal mostruoso Krall, che è alla disperata ricerca di un manufatto alieno in possesso della Federazione. Il plot è meno complesso e strutturato rispetto ai film precedenti, il minutaggio più contenuto, le ambizioni fanno un passo indietro, ma lo spettacolo rasenta l’eccellenza. La sceneggiatura dell’astuto Pegg non è altro che una scusa per una sequela di momenti rocamboleschi, corse contro il tempo, battute che strappano più di una risata e soprattutto un profluvio di action-pieces colossali, pieni di invenzioni gustose (l’attacco all’Enterprise da parte dello sciame di “api”, il salvataggio con lo sdoppiamento delle motociclette, la resa dei conti finale in assenza di gravità) che devono molto anche all’occhio del nuovo regista. Per non parlare dell’utilizzo “diegetico” di Sabotage dei Beastie Boys (o di Fight The Power dei Public Enemy), da applauso a scena aperta, benché debitore della lezione dei Guardiani della Galassia. Con un occhio di riguardo in più verso la serie di film classici, ma senza dimenticare il processo di svecchiamento operato da Abrams, una via di mezzo che si spera accontenterà tutti.
Al tredicesimo lungometraggio per il grande schermo, la saga spaziale, insomma, ci sembra godere ancora di buona salute, e non possiamo che augurarle un futuro altrettanto lungo e prosperoso.
Il film è dedicato alla memoria di Leonard Nimoy e del giovane Anton Yelchin, tragicamente scomparso appena un mese prima dell’uscita del film in sala. Sui titoli di coda un nuovo brano di Rihanna, scritto da Sia.
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