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La quintessenza di Scorsese.

Accostarsi a Toro Scatenato per pretendere di dire qualcosa di realmente utile, dopo oltre quarant’anni dalla sua uscita e dopo il diluvio di parole che ha suscitato nei decenni, sarebbe quantomeno incauto, se non proprio ridicolo.

Tant’è: Toro Scatenato è uno di quei film-monumento (più che manifesto) che puoi anche non rivedere per decadi intere per quanto ti rimane dentro, a tal punto è – davvero – unico nel suo genere e anche di più, in assoluto: io non lo riguardavo da almeno una ventina d’anni e l’unica spiegazione che so darmi per questo lungo distacco è che lo davo per immutabile, una specie di stella fissa che ritrovi sempre allo stesso posto nel firmamento e che non hai da temere di dimenticare vista la traccia che ha lasciato in te.

Toro Scatenato fu uno spartiacque per il suo regista, non c’è dubbio: Scorsese dichiarò che mise in quel film “tutto ciò che sapevo e provavo, pensavo che sarebbe stata la fine della mia carriera”. Le sue vicende biografiche negli anni tra il 1976 e il 1979, in cui lavorava a New York New York e L’ultimo valzer, narrano infatti della crisi e della fine del suo secondo matrimonio e di una profonda depressione aggravata dalla dipendenza dagli stupefacenti, culminate nel ricovero in ospedale e in una lunga convalescenza e disintossicazione.

Il percorso di ascesa, caduta e risurrezione del pugile Jake LaMotta, uno dei grandi eroi sportivi americani pur non essendo stato il miglior pugile del tempo (il titolo spetta al suo grande rivale Sugar Ray Robinson con cui combattè in sei occasioni perdendo in cinque), suona allora speculare e catartico, una pietra tombale su un certo periodo, se non fosse che appare anche come un nuovo inizio: e per un regista che aveva già firmato un film epocale e definitivo come Taxi Driver questo è quasi incredibile.

Toro Scatenato è una di quelle opere che sanciscono la liberazione da una pressione sfibrante a rischio di schiacciare un talento straordinario giunto a un momento decisivo della sua vita e della sua carriera. Come Dostoevskij con Delitto e Castigo, se mi passate il paragone: quelle opere che nascono quando gli autori hanno le spalle al muro e attraversano la valle della disperazione prima di riemergere a nuova e abbagliante luce.

Ecco, in questo genere di opere c’è veramente la quintessenza dell’artista: per Scorsese non solo la sofferenza e il senso di colpa frutto della religione cattolica (egli stesso, in un’intervista a Positif dell’anno successivo, riconobbe che forse era pretenzioso parlare di “redenzione”), ma soprattutto la tensione sperimentale del regista che trova compimento e sublimazione in un lavoro pur sempre destinato al grande pubblico (e non sto qui a ripetere il solito bla bla sul prodigioso montaggio di Thelma Schoonmaker, sulla titanica interpretazione con ingrassamento incorporato di De Niro, sull’originalità delle riprese dei combattimenti, sul b/n “sporco” di Michael Chapman ecc. ecc.).

Toro Scatenato è anche un biopic sportivo, ma ha poco a che fare con la deferenza della maggior parte delle cinebiografie: come dimostra anche il caso di Ali di Michael Mann, l’esito diventa tanto più dirompente quanto meno ci si attacca alla lettera e si va oltre il personaggio, dentro l’uomo con tutte le sue contraddizioni e le sue incertezze (anche nell’eventuale trionfo sportivo: il film di Mann finisce con la leggendaria vittoria contro Foreman).

Benché la critica abbia sempre messo in evidenza l’eccezionalità della coreografia dei combattimenti, per quanto mi riguarda Toro Scatenato offre il meglio nei lunghi piani dei momenti privati con il fratello Joey (Joe Pesci al meglio) e la giovane moglie Vickie (Cathy Moriarty ritratta come fosse Veronica Lake e destinata inevitabilmente a non trovare più un ruolo simile): spesso solo un momento prima che la gelosia, la furia e il parossismo di Jake si manifestino in incontrollabile violenza domestica. O anche nella bellissima parentesi di intimità amorosa prima dell’ennesimo incontro con Robinson, quando Jake non si lascia andare per non sprecare energie preziose in vista della feroce battaglia sul ring: la sequenza inizia con Vickie che esce dal bagno mentre Jake è disteso sul letto e termina con Jake che si chiude nel bagno e Vickie distesa sul letto, in maniera speculare: il desiderio è in quella porta che si apre, l’astinenza in quella che si chiude. Toro Scatenato è in tutto ciò che avrebbe potuto essere, ma non è stato. You don’t understand. I could’ve had class. I could’ve been a contender. I could’ve been somebody, instead of a bum. Fa nulla Jake, è stato bellissimo lo stesso.

voto_5

Denis Zordan
Il Matrimonio di Maria Braun di Fassbinder ha mutato un liceale snob e appassionato di letteratura in un cinefilo, diversi lustri fa. Da allora i film sono stati tanti e le folgorazioni moltissime: da Heat di Michael Mann (“Il” film) agli heroic bloodshed di John Woo, passando per valangate di pellicole orientali e la passione per il cinema di Fritz Lang, Jean-Pierre Melville, Alfred Hitchcock, Werner Herzog, oltre che per i thriller e gli horror. Ha scritto per Cinemalia, The Reign of Horror, CineRunner. “Il Bel Cinema”, di cui è il fondatore, ha l'ambizione di mettere un po' di ordine nella sua gargantuesca voracità: ma è probabile che finisca con l'acuirla ancora di più.