Woody e le ragioni del cuore.
Per la saga di Toy Story è giunta, con molta probabilità, l’ora dei titoli di coda definitivi (1) dopo un quarto capitolo che non raggiunge le vette – inarrivabili – del terzo episodio, ma che non ha niente da invidiare ai primi due film. Del resto non si tratta certo di un titolo qualunque: Toy Story – Il mondo dei giocattoli è stato il primo film partorito dalla Pixar di John Lasseter, nonché il primo lungometraggio d’animazione in assoluto realizzato interamente in computer grafica. Ad oggi rimane l’unico titolo della Pixar che ha avuto dei seguiti all’altezza, se non superiori, del capostipite, a differenza dei vari sequel, prequel e spin-off di Cars, Gli Incredibili e Monsters & Co., che non hanno saputo ripetere la magia e l’incanto iniziale. Quattro capitoli, realizzati in un arco temporale di quasi un quarto di secolo, che sono già entrati nella storia del cinema d’animazione, destinati a rimanerci a lungo e a fare scuola per molto tempo a venire, nella speranza che la Pixar abbia ancora la forza e l’ispirazione di trovare nuove idee e nuovi spunti narrativi altrettanto efficaci e geniali.
Il quarto capitolo riprende la storia dove l’avevamo lasciata al termine del terzo episodio, con l’allegra e compatta brigata di giocattoli impegnati a allietare l’infanzia della piccola Bonnie, a cui Andy li aveva donati prima di partire per il college. Woody non è più tra i balocchi preferiti della piccola, ma trova il modo di darsi da fare quando Bonnie torna dal primo giorno d’asilo con Forky, una forchetta di plastica trasformata con uno stecco e un filo in un buffo giocattolo. Il nuovo arrivato però, in quanto materiale di scarto, non accetta di buon grado il ruolo di giocattolo e agogna la fuga, provando in continuazione a lanciarsi nei bidoni della spazzatura, suo habitat naturale. Woody dovrà impedire in ogni modo che Forky se ne vada, ben sapendo quanto è importante per la piccola e dolce Bonnie.
Si ride molto in questo Toy Story 4, che ha dalla sua un ritmo sfrenato e indiavolato, dei nuovi personaggi buffi e simpatici e una serie di trovate e soluzioni visive che vivacizzano e rilanciano continuamente la narrazione grazie alle nuove peripezie – on the road – della briosa comitiva di giocattoli capitanata da Woody. Ecco, il cowboy sceriffo Woody, per la prima volta orfano nella versione italiana della voce di Fabrizio Frizzi (2), è sempre stato l’anima del racconto e il fulcro della storia dei vari capitoli di Toy Story. All’inizio, nel film originale del 1995, è il preferito di Andy, il suo inseparabile compagno di giochi e avventure, per poi essere temporaneamente sostituito dal nuovo arrivato, lo space ranger Buzz Lightyear, e imparare a proprie spese cosa significa essere messi da parte e venire dimenticati. Il fedele e leale Woody, il cowboy dal cuore d’oro affezionato ai suoi bambini, pronto a tutto per la loro felicità. Senza Woody non ci sarebbe stato Toy Story e, come già accennato all’inizio, la saga sembra chiudersi qui, in bellezza, dopo un quarto episodio ispirato e riuscito, che diverte per novanta minuti con inseguimenti a rotta di collo, elaborati piani di fuga e di recupero giocattoli smarriti o imprigionati, brillanti e gustose citazioni da film horror, per poi commuovere grandi e piccini prima che tutto finisca, con un addio doloroso ma necessario che porta a compimento il percorso di crescita e consapevolezza di Woody. Dopo una vita passata al servizio dei bambini, che ha visto crescere e cambiare nel corso del tempo, prende atto di non essere più indispensabile per loro e decide – per la prima volta – di pensare a se stesso e alla sua felicità. Come Woody è consapevole di fare una scelta importante, seguendo la sua voce interiore e le ragioni del cuore, anche la Pixar (3) si rende conto di attraversare una fase delicata e interlocutoria, fatta di titoli importanti come Inside Out e Coco che sanno ancora rinnovare la magia e incantare il proprio pubblico, alternati a scivoloni e mezze delusioni come Cars 3 e Gli Incredibili 2.
(1) A Proposito di titoli di coda, si raccomanda di rimanere seduti fino al termine del film per goderseli appieno e poter ammirare una nuova e irresistibile versione del logo della Pixar.
(2) Ricordato e omaggiato sul finire dei titoli di coda. Nella versione originale la voce è quella di Tom Hanks mentre Tim Allen presta la sua a Buzz Lightyear, che da noi è doppiato da sempre da Massimo Dapporto. La voce italiana di Forky è invece di un bravissimo Luca Laurenti.
(3) È significativo in tal senso che per la prima volta nella sua storia lo studio d’animazione americano abbia deciso di non abbinare un cortometraggio all’uscita in sala del nuovo film.
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