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COBRA KAI

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Nostalgia, nostalgia canaglia.

Gli anni ’80 continuano a rivivere sul grande e sul piccolo schermo. A quanto pare gli spettatori non si sono ancora stufati di questo continuo revival, di questo agrodolce amarcord che li riporta a quando erano giovani o addirittura bambini. Anche le nuove leve, in molti casi digiune o ignare del cinema e delle serie tv dell’epoca, sembrano gradire e apprezzare i vari remake e i numerosi titoli ispirati a quel decennio irripetibile, come dimostra il successo planetario delle prime due stagioni di Stranger Things. In questi ultimi mesi a far breccia nel cuore dei nostalgici ci ha pensato Cobra Kai, serie tv ideata da Jon Hurwitz, Hayden Schlossberg e Josh Heald per YouTube Red, un servizio a pagamento di streaming che ultimamente ha cambiato nome in YouTube Premium. Cobra Kai riporta in auge uno dei titoli (e delle saghe) di culto di quel decennio, Karate Kid, già oggetto otto anni fa di un remake con Jaden Smith (il figlio di Will) e Jackie Chan. Uscito nel 1984 per la regia di John G. Avildsen, scomparso lo scorso anno e autore di alcuni titoli intramontabili come Rocky e I vicini di casa, è divenuto in breve tempo un film di grande successo un po’ ovunque, compreso il nostro Paese dove ha fatto le fortune di Italia 1 che all’epoca trasmetteva in continuazione pellicole statunitensi divenute iconiche quasi all’istante come Terminator, Highlander, Robocop, Ritorno al futuro e via elencando. In Cobra Kai ritroviamo – a distanza di 34 anni – Ralph Macchio (tuttora conosciuto soprattutto per esserne stato il protagonista dei primi tre capitoli) nei panni di Daniel LaRusso e William Zabka (nome che vi dirà poco o nulla nonostante abbia sempre continuato a recitare in questi decenni) nel ruolo dell’odioso Johnny Lawrence, il bullo della scuola campione di karate che nel film dell’84 prendeva di mira il primo, trasferitosi da poco a Los Angeles nel quartiere popolare di Reseda. Sarebbe decisamente inutile, oltreché noioso, soffermarsi sulla sinossi di Karate Kid, visto che sicuramente la ricordano tutti (giusto?). Nella serie scopriamo che LaRusso, felicemente sposato e padre di un ragazzino e di una figlia adolescente, è divenuto un imprenditore di successo, proprietario di diverse concessionarie di auto di lusso dislocate in varie zone della città. Il classico self-made man americano, che da umili e povere origini ha saputo conquistare con dedizione e forza di volontà una posizione di benessere e di rilievo. Lawrence invece ha fatto il percorso inverso, da adolescente ricco e viziato è divenuto un perdente col vizio dell’alcol, un lavoro precario, una ex moglie e un figlio di cui non si è mai interessato. La serie, scritta con grande acume e intelligenza, si diverte quindi a invertire e ribaltare i ruoli dei due ex antagonisti, che peraltro non si vedono dai tempi della scuola ma sono destinati a incrociare nuovamente il loro cammino con esiti tragicomici. In Cobra Kai, al contrario di Karate Kid in cui facevano capolino sporadicamente, l’ironia e l’umorismo sono caratteristiche costanti, i toni sono perlopiù brillanti e leggeri. Gli autori si divertono a seguire – lungo i dieci episodi da mezz’ora ciascuno – lo stesso canovaccio del film da cui prendono le mosse, facendone rivivere al pubblico varie scene salienti (riviste e aggiornate) e affiancando ai rivali d’un tempo due nuovi protagonisti adolescenti. Da ex discepoli, di due sensei completamente agli antipodi come il saggio e pacifico Miyagi, interpretato da Pat Morita a cui la serie è dedicata, contrapposto al torvo e truce Kreese, Daniel e Johnny vengono promossi a maestri, diventando guide e modelli per le nuove leve e rinnovando così l’antica rivalità mai sopita. Uno degli aspetti più interessanti della serie, destinata ad essere amata dai fan del film ma anche da chi non lo conosce più di tanto o non era ancora nato ai tempi della sua uscita in sala, è dato dall’involuzione-evoluzione di Johnny Lawrence che qui acquista maggior spessore drammaturgico rispetto al film fino a divenirne il protagonista assoluto. Nel suo riaprire il Cobra Kai, prendendo sotto la sua ala protettrice il giovane, impacciato e “sfigato” Miguel (che all’inizio ricorda volutamente il Daniel LaRusso del primo Karate Kid), c’è tutta la sua disperata voglia di rivalsa e di riscatto da una vita che per lui sembra essersi fermata alla fatidica finale persa contro Daniel, che lo aveva messo al tappeto col leggendario colpo della gru. Al contrario del suo ex sensei, bieco e senza alcuno scrupolo, Lawrence si affeziona ai suoi ragazzi. È vero, li tratta male e li deride ma è solo un atteggiamento di superficie che cela e nasconde un animo buono, ferito da un passato familiare che dall’esterno poteva sembrare idilliaco ma che in realtà era ben diverso, con un patrigno ricco e arrogante sempre pronto a schernirlo e umiliarlo. La cosa più bella e sorprendente di Cobra Kai è scoprire come ci si possa affezionare così tanto a un personaggio dopo averlo odiato per anni ad ogni nuova visione di Karate Kid. È Johnny Lawrence il cuore pulsante della serie, un personaggio a dir poco trascinante, commovente e irresistibile, capace di mettere in ombra e far provare in alcuni momenti  una sana antipatia nei confronti di Daniel LaRusso. Da odioso antagonista a goffo e scalcinato eroe, lo avreste mai creduto possibile?

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Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.