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Carlito foto4

Escape to Paradise.

Come appassionati di cinema, probabilmente è doveroso fermarci almeno in questa occasione e celebrare un anniversario importante. Alfredo James Pacino, noto a tutti come Al Pacino, compie 80 anni e in quanto mio attore preferito senza discussione e uno dei più grandi di sempre, ho voluto dedicargli qualcosa, forse per provare a restituire almeno a parole quello che l’attore ci ha dato nella sua carriera. Intanto partiamo dalla fine. Al è ovviamente ancora in forma smagliante, come si può notare dalla sua filmografia del 2019, due soli titoli ma si tratta di C’era una volta a… Hollywood e The Irishman; e direi di chiudere qui la questione.

La possibilità di scelta era ampia e variegata, ma non ho avuto dubbi sul film con cui omaggiarlo. Non la trilogia del Padrino, anche se l’enorme complessità emotiva e morale di Michael Corleone sarebbe stata un’opzione più che giusta; non il barocchismo travolgente e incontrollato di Tony Montana in Scarface; non l’idealista da strada di Serpico; non la malinconia rabbiosa di Sonny in Un pomeriggio di un giorno da cani né la solidità pragmatica del tenente Vincent Hanna (Heat) o del giornalista Lowell Bergman (Insider – Dietro la verità).

Ho sempre pensato che il film migliore per capire Al Pacino sia Carlito’s Way, il capolavoro di Brian De Palma del 1993. Il film arriva subito dopo Americani e soprattutto dopo l’Oscar per Profumo di Donna. L’attore torna a collaborare con De Palma dopo Scarface e il risultato è ancora un vertice. Vediamo come.

La storia è quella dell’ex narcotrafficante Carlito, uscito di prigione e intenzionato a cambiare vita e a non commettere più gli errori di una volta. Carlito’s Way ha status di cult per la sua miscela tra cinema totale e opera d’autore, come una poesia per immagini immersa nel romanticismo e nel fatalismo più pessimista (tanto che nell’inizio è già la fine), è un film che racconta l’impossibilità di liberarsi dal proprio retaggio e dal proprio passato inseguendo un’illusione di felicità. Pacino è ancora un criminale, ma non lo è per destino come ne Il padrino o per fama e ambizione come in Scarface. Il suo Carlito è un uomo che sa di aver sbagliato e vuole davvero uscirne per inseguire qualcosa di meglio. Per tutto il film, Pacino ha dipinto sul volto un velo di tenerezza che compone un netto contrasto col personaggio, le cui movenze sembrano guidate solo dall’istinto (non a caso risaltano la matrice teatrale dell’attore e la sua provenienza “dalla strada”), ma in qualche modo sono da lui rifiutate perché le sente dannose e sono il ricordo di un’esistenza che andrebbe dimenticata.

La tenerezza appunto, e quasi il candore assurdo di un ex gangster quando scopre di essere libero, o quando rivede la donna amata (ricordate l’espressione del volto di Pacino sotto la pioggia quando vede l’amata Gail?); ma Al Pacino, come attore, è anche rabbia, e in un film in cui il personaggio vorrebbe estirpare il male c’è una forza incontrollata che non sparisce mai. L’emotività oscura viene però dosata, espressa solo con gesti e sguardi, che non sono indice di cattiveria bensì istinto di sopravvivenza, quello che serve al gangster per tentare di scacciare via un mondo che non gli appartiene più. Tutte le sequenze di Carlito in azione hanno un pathos e una malinconia tremendi che Al Pacino rende con fisicità nervosa, movenze non controllate e uno straordinario sguardo di disincanto. Così, ad esempio, quando caccia Benny Blanco dal locale (gli occhi sono quasi rassegnati, dovrebbe essere una prova di forza virile ma non appare davvero tale), quando scopre che l’ex amico è una spia: c’è rabbia, ma non violenza, e c’è la disperazione silenziosa per aver aiutato la persona sbagliata.

Credo che mai come in Carlito’s Way si capisca che tipo di attore è Al Pacino, un mix straordinario di dolcezza e rabbia sottomessa che non lascia mai indifferenti e spiazza per la finezza con cui è cesellato. E anche nello struggente  finale (ma che sequenza è? Piano sequenza e carrellate che sembra di stare dentro un vortice), quando Carlito corre nella metro e in stazione per inseguire il suo sogno, guardate il volto di Al Pacino nelle ultime scene: teso e quasi sconvolto, ma poi ecco un sorriso liberatorio verso la donna amata che è un vero colpo al cuore.

voto_5

Riccardo Tanco
Riccardo Tanco, classe 1993, Nasce a Bollate e vive a Novate Milanese. Diplomato al liceo linguistico nel 2012 comincia ad appassionarsi seriamente al cinema dopo una mistica visione di Pulp Fiction anche se consapevole che il cinema non è iniziato nel 1994. Ora da autodidatta e aspirante cinefilo cerca di scoprire i grandi autori del passato e i registi contemporanei sforzandosi di scriverne in maniera degna. Se glielo chiedono il suo film preferito è Apocalypse Now e ha come sogno nel cassetto fidanzarsi con l'attrice Jessica Chastain. Collabora con i siti Filmedvd, I-Filmsonline, SilenzioinSala e IntoTheMovie.