L’EDUCAZIONE DI REY

(Regia: Santiago Esteves, 2017, con German De Silva, Matìas Encinas, Walter Jacob, Esteban Lamothe)

L’EDUCAZIONE DI REY

Nella provincia argentina di Mendoza Reynaldo, detto Rey, cacciato di casa dalla madre si rifugia nell’universo di microcriminalità del fratello, dove inizia un ostacolato percorso di crescita trovando cura e conforto nelle braccia più inattese. Da una trama più che lineare, fotografata con luci e lampi di livida realtà, l’esordio di Esteves è fulminante: disincantato e leggiadro nella violenta descrizione del degrado, L’Educacion del Rey respira allo stesso tempo suggestioni europee e colori d’oltreoceano. Se da una parte infatti la storia racconta con delicata ricercatezza e asciuttezza la vicenda rappresentata, consapevole che le storie degli adolescenti sono quelle più a rischio di ovvietà (scegliendo per questo la strada di una rinuncia quasi ascetica alle deviazioni narrative e al riempitivo mainstream); dall’altra decide di essere spietato e per questo lucido e diretto nel mostrare il pus delle ferite dell’infanzia senza filtro, componendo un mosaico che ha le dolci, malinconiche slabbrature del cinema europeo, insieme ai suoi colori e alle sue emozioni sfumate. C’è poi per fortuna una certa decisa propensione per un minimalismo necessario, anche in considerazione dell’esuberanza di spunti e trame probabilmente dovuta alla natura dell’opera, in origine, come miniserie TV, con pregi e difetti del caso: perché alcune felici intuizioni si perdono per strada, e il registro cambia fin troppo spesso e senza soluzione di continuità, passando con troppa disinvoltura dal cinema sociale con ritratto introspettivo al thriller che scivola nel noir fino addirittura agli stilemi del western (!). Certo poi sembra di potergli perdonare tutto, quando spunta il viso dell’esordiente Matìas Encinas nei panni del protagonista, sguardo ma soprattutto lineamenti giusti; e quando emerge, sempre prepotente, lo sforzo di Esteves di parlare del suo paese trattando della disparità sociale e soprattutto dei problemi delle nuove generazioni, fra criminalità dilagante e corruzione spietata. Una metafora ben riuscita, insomma, vestita da una sceneggiatura scoppiettante e soprattutto colorata da una commozione asciutta e calibrata. (glf)

voto_4