NELLA BOLLA

(Regia: Judd Apatow, 2022, con Karen Gillan, Iris Apatow, Fred Armisen, Maria Bakalova, David Duchovny, Leslie Mann)

NELLA BOLLA

A 54 anni suonati, Judd Apatow sembra non avere nessuna intenzione di mettere la testa a posto: anzi, per fortuna pare voglia mettere a frutto l’esperienza maturata per iniettare la follia della sua anarchia artistica all’intero sistema, mettendolo a soqquadro e irridere anche sé stesso. La commedia è innegabilmente il genere imperituro del cinema americano: se altri hanno subito un’eclissi importante (il western, il noir, il musical), la commedia si rigenera ad ogni epoca come l’horror, ed entrambi riescono a portare nel proprio DNA la capacità di (ri)leggere il proprio presente. Questo Apatow sembra saperlo bene, e con Nella Bolla – dal 1 aprile su Netflix – racconta la lavorazione di un film di fantascienza declinato in chiave surreale: studiando conseguentemente le perverse dinamiche della produzione di un’opera audiovisiva multimilionaria seguendo le tracce di Jurassic World (trasformato per l’occasione in Bestie Della Rupe) e svolgendo la sua traccia sullo stile, vincente ma mai noioso, di Boris o The Disaster Artist, ovvero dissacrante ma mai volgare, grottesco ma mai irreale. Lo scarto che porta Apatow e il suo film un po’ più in là di prodotti simili sul metacinema, però, è la capacità di giocare col fuoco e muoversi come in un vero backstage, mostrando vizi e virtù che per quanto possano sembrare paradossali sono all’ordine del giorno nella quotidianità hollywoodiana. Strafalcioni esistenziali che, calati nel contesto pandemico (gli attori del film sono rinchiusi in un hotel isolato e fanno tamponi periodicamente, entrando e uscendo dalla quarantena) stridono forte e calcano la mano su un sistema economico che esiste e anzi resiste fuori dal mondo: certo, non tutto funziona al meglio e sicuramente non tutto fila liscio o arriva dove vorrebbe arrivare come in altre occasioni – vedi Molto Incinta o This is 40 -, ma Apatow non perde occasione di puntare il dito su tante storture così come sulle contraddizioni moderne, ma in maniera probabilmente inconscia o quantomeno non voluta riesce a dare voce, nella sua pellicola, a tutto quello che in due anni avremmo voluto dire su lockdown e Covid e che tanti instant movie fioriti fin troppo presto non sono stati capaci di fare. (glf)

voto_3