ATLANTIS

(Regia: Valentyn Vasyanovych, 2019, con Andrij Rymaruk, Ljudmyla Bileka, Vasyl' Antonjak)

ATLANTIS

Donbass, 2025: la guerra tra russi e ucraini è terminata da un anno e il panorama è terribile, sia dal punto di vista delle carneficine che si sono consumate sul campo di battaglia sia dall’ottica dei reduci e dei sopravvissuti in un territorio devastato. Chi come Serhij è rimasto cerca di tirare avanti, resistendo ai fantasmi, ai ricordi e a se stesso. Detto così, Atlantis parrebbe un instant movie fatto con una logica di exploitation, per cavalcare l’onda del momento e l’orrore del mondo intero per i fatti di Bucha, Mariupol e degli altri teatri di guerra in Ucraina. Invece è il film che ha vinto la sezione Orizzonti a Venezia nel 2019 e che esce in sala dopo Reflection, il successivo film di Vasyanovych. Il regista ucraino è sempre fedele al suo stile fatto di camera fissa e lunghi piani, ma qui non cerca come invece nell’opera successiva di ricamare o arzigogolare troppo. Assume una logica e un’estetica che mimano quelle di un film postatomico e malgrado varie sbavature riesce a colpire duro in diversi momenti anche lo sguardo più assuefatto e anestetizzato (dalla scena del suicidio nella fonderia a quelle di tiro alle sagome fino alle analisi dei corpi trovati nelle fosse comuni). Con, in più, le belle sequenze d’apertura e chiusura virate all’infrarosso: tre uomini che trascinano un cadavere in una fossa si contrappongono a una nuova coppia che cerca in un abbraccio di ritrovare quel poco che può, un barlume di speranza in una vita migliore. (dz)

voto_3