REFLECTION

(Regia: Valentyn Vasyanovych, 2021, con Roman Lutskyi, Andriy Rymaruk, Nika Myslyts, Nadiya Levchenko)

REFLECTION

Serhiy, chirurgo in un ospedale ucraino, viene catturato dai russi nella zona di guerra del Donbass: durante la prigionia assiste a violenze efferate che, una volta liberato in uno scambio di prigionieri, condizioneranno il suo ritorno alla routine quotidiana, anche nei rapporti con la figlia e l’ex moglie. Presentato in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2021 e ora in procinto di approdare nelle sale italiane sulla scorta dell’aggressione della Russia all’Ucraina (l’approdo ufficiale è previsto il 17 marzo, un numero limitatissimo di sale lo proietta però in anteprima), il film di Valentyn Vasyanovich – premiato sempre a Venezia, in Orizzonti, per Atlantis nel 2019 – cerca di ricondurre dentro una ricerca formale rigorosa l’atroce spettacolo della brutalità dei militari e degli orrori della guerra: Reflection procede per lunghi quadri fissi e teatralizzati in cui lo spettatore è continuamente chiamato e quasi sfidato a interrogarsi sul senso e il limite dei piani rappresentati, dentro e fuori dal conflitto e dal suo riflesso nella coscienza del protagonista (fin troppo dichiarata l’insistenza sulle finestre e sugli schermi). Il meccanismo, più che prendere la mano al regista, appare però senza alternative, portando lentamente il film a congelarsi in un asfittico groviglio di metafore (il piccione che colpisce la vetrata dell’appartamento di Serhiy, l’assalto dei cani, l’intellettualistica sequenza finale). Tutto molto meno convincente dell’imperfetto ma pulsante Donbass (2018) di Sergei Loznitsa, ancora inedito in Italia, che era invece capace pur tra vari eccessi grotteschi di evocare a tratti un’insensatezza così primitiva da mettere in secondo piano la ricerca di buoni e cattivi come di torti e ragioni. (dz)

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