JURASSIC WORLD – IL REGNO DISTRUTTO
(Regia: Juan Antonio Bayona, 2018, con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Rafe Spall, Justice Smith, Daniella Pineda)
La saga che non si estingue, si potrebbe dire: un franchise nato ben venticinque anni fa con Spielberg come prodotto d’autore ha cercato per ben due volte di rinascere. E forse ora ha imboccato la strada giusta. Perche se il capitolo 2, sempre ad opera del regista di E.T., riuscì a bissare lo stratosferico successo del primo, il 3 del pur bravo Johnston fu fiacco e dimenticabile; mentre il film del 2015 firmato Trevorrow ha risvegliato il fandom più accanito ma non è stato capace di allontanarsi stilisticamente dagli altri film, ricalcando mestamente percorsi già battuti. Il film di Bayona, invece, al di là del gradimento personale, è di tutt’altra pasta: pur dentro i confini del cinema d’evasione, Jurassic World: Fallen Kingdom rimescola le carte e innesta l’immaginario consolidato dei dinosauri nell’era moderna, trasportando la narrazione in territori sì più comuni, ma pur sempre interessanti. Questo Regno Distrutto riesce a riprendere un tema sempre attuale come la clonazione: dimenticando colpevolmente di sfruttare le derive sugli spunti bioetici del caso, il film di Bayona ha però una coerenza narrativa invidiabile, che sa portare avanti la storia fino alla fine senza cedimenti riuscendo pure a gettare i semi per il futuro. Certamente la sostituzione di Trevorrow ha aiutato moltissimo: Bayona ha diretto quel piccolo capolavoro di tensione che è The Orphanage e va dato merito al regista di essere riuscito a scimmiottare Spielberg senza cadere nell’emulazione. Movimenti di macchina rivelatori, montaggio interno ed establishing shot, costruzione dell’immagine evocativa e potente: sono tutte cose prese dal campionario spielberghiano, e d’altronde siamo tutti figli di Spielberg. Bayona asciuga il suo stile lasciando che a parlare siano le immagini, e la tensione che ne deriva, senza perdere mai il ritmo. Riusciamo persino a dimenticare che stiamo guardando un film sostanzialmente action, perché è costruito su una trama che è un lungo viaggio, interiore ed esteriore: inseguimenti, esplosioni, fauci fameliche e artigli enormi hanno un sottofondo visionario fortissimo, sono sequenze girate benissimo e sono dense di eventi, sconfinando spesso e volentieri altrove (nell’horror, ad esempio, dove Bayona è maestro; nell’etica e nel sentimentalismo – l’abbandono del brontosauro sull’isola di Jurassic World, tra lava e fiamme, è sinceramente straziante -; nel fantasy, con la creazione di un ennesimo ibrido). In questo modo, Jurassic World: Il Regno Distrutto rilancia il franchise con ambizioni altissime senza sbracare (qualcuno ha detto Planet Of The Apes?). (glf)
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