CLIMAX

(Regia: Gaspar Noé, 2018, con Sofia Boutella, Romain Guillermic, Souheila Yacoub, Kiddy Smile)

CLIMAX

Le prove di una compagnia di ballo che degenerano per un’involontaria assunzione di droga si offrono come spaccato dell’attuale società parigina: da cui la scritta sarcastica che quello che state vedendo è un film fieramente francese. Grazie a trovate simili, presenti in tutti i suoi film, Gaspar Noé vanta molti più fan di un Lee Chang-dong, facendosi forte di un cinema esclusivamente epidermico: tanto che il titolo Climax indica sia il crescendo della narrazione (da discorsi scemi a incubo) sia quello dello stato emotivo dello spettatore, che è rabbia o sgomento, similmente a quanto già sperimentato in quei tediosi deliri virtuosistici che sono Irreversible e Enter The Void. Del resto, il regista stesso ammise che l’unico scopo di Love era di farlo indurire ai suoi spettatori (che gran burlone!). Giunto a questo Climax, Noé si riconferma l’autore postmoderno per antonomasia: dalla forma che porta alle estreme conseguenze il bagno sensoriale teorizzato da Laurent Jullier all’incipit con i suoi film preferiti in bella mostra (da Possession a La mamain et la putain), invitando lo spettatore cinefilo a cogliere i riferimenti all’interno del (suo) testo. Infatti il film a cui Climax viene maggiormente associato è Suspiria (la danza, l’uso della fotografia), ma se Von Trier si è costruito una fama vampirizzando Dreyer e Tarkovskij, Noè si dimostra un cinefilo molto più raffinato, svelando finalmente che il suo modello di riferimento è il dimenticato regista trash Renato Polselli: sia perché dell’horror ha declinato esclusivamente la dimensione delirante con dialoghi imbarazzanti unendolo a un erotismo da educande, sia per la fotografia che imita grossolanamente Argento e Bava (come faceva Polselli in Riti, Magie Nere e Segrete Orge), ricordandosi perfino della mdp sottosopra di quel gioiellino camp che è Il mostro dell’opera (da cui anche l’idea del ballo “minacciato”), fino alla ricattatoria sottotrama del bambino chiuso nello sgabuzzino, che certamente verrà da uno dei suoi primi misconosciuti e tremendi melodrammi. Aggiungete a ciò un immaginario da sottocultura discotecara dei nostri tempi (la blanda nostalgia degli anni 90, le scritte simpatiche e i dialoghi sul sesso anale), un po’ di citazioni che allietano l’utente medio di tumblr, lo sguardo fascistoide scambiato per… (fate voi: nichilista? ambiguo? provocatorio?), e la pornografia è servita. Semplicemente, il peggior film degli ultimi cinque anni. (dv)

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