RAGING FIRE
(Regia: Benny Chan, 2021, con Donnie Yen, Nicholas Tse, Qin Lan, Simon Yam)
L’ispettore Bong (Donnie Yen) è un poliziotto con una carriera in prima linea contro i criminali, tutto d’un pezzo e per nulla incline ai servilismi e alla compiacenza verso i compromessi dei superiori. Quando viene lasciato fuori per la sua indisponibilità a scendere a patti da un’importante operazione contro dei trafficanti di droga, il suo mentore ci rimette la vita. Bong si troverà a scontrarsi con la gang di ex sbirri guidata dal suo ex pupillo Ngo (Nicholas Tse, forse nel suo ruolo più spavaldo e agghiacciante di sempre) ormai passato dall’altra parte della barricata. Non ha quasi più epigoni l’action noir hongkonghese di una volta, e la triste scomparsa di Benny Chan nell’agosto 2020 a seguito di un tumore alla faringe è un’ulteriore mazzata. Prima però il regista di Gen-X Cops (con lo stesso Tse), New Police Story e Connected ci ha regalato questo indiavolato crime movie che al canonico duello tra il bene e il male, tra il poliziotto integerrimo e quello diventato cattivo perché tradito da un sistema corrotto (ma anche da una testimonianza veritiera del suo maestro), aggiunge una dose di energia e azione da manuale del genere. Gli inseguimenti, i botti e le sparatorie nel caos dei quartieri di Hong Kong sono adrenalinici e ludici in ugual misura (era forse dai tempi di Firestorm di Alan Yuen, del 2013, che non si vedeva un uso così spregiudicato e pregnante del set urbano); e la sequenza in cui Bong salva un bimbo è così rocambolesca che lascia di sasso. Mentre la passione e la precisione con cui si fanno rivivere modelli giganteschi (la rapina di Heat, niente meno) dimostrano un amore (sempre più) raro per il genere. Poi si potrà eccepire sulla complessità del discorso morale, ma è un altro paio di maniche. A conti fatti, questo è il più “genuino” cinema di Hong Kong che si possa fare oggi. Cameo di Simon Yam nel ruolo del soprintendente. Presentato al Torino Film Festival nella sezione Le Stanze di Rol. (dz)
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