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Un’opera prima intima e delicata.

My morning laughter, opera prima del giovane regista serbo Marko Djordjevic, è uno dei primi titoli presentati in Concorso alla 32ma edizione del Trieste Film Festival, la più importante kermesse italiana dedicata al cinema dell’Est e Centro Europa, disponibile online su MyMovies fino al 30 gennaio. Un film intimo e delicato che ha per protagonista Dejan, un giovane uomo timido, goffo e impacciato, cresciuto all’ombra di Radica, una madre iperprotettiva che ha dovuto sobbarcarsi un doppio ruolo genitoriale per sopperire alle mancanze di un padre malconcio e inadeguato. Dejan vive con lei, ha un lavoro precario come insegnante in una scuola di Kragujevac, non ha una vita sentimentale e si ritrova ancora vergine a un passo dai trent’anni. Dopo una straniante e spiazzante seduta da un indovino locale (uno dei momenti più divertenti del film), che rivela a madre e figlio alcune scomode verità che non avrebbero voluto sentirsi dire, Dejan cerca in qualche modo di prendere in mano le redini della sua vita e di affrancarsi dal controllo morboso e opprimente di Radica.

Il film è girato prevalentemente per piani sequenza, col protagonista ripreso spesso lateralmente o di spalle o tagliato fuori in parte dall’inquadratura. La mdp riprende i corpi, ma in più d’una occasione taglia fuori le teste e i volti, a simboleggiare e rimarcare la perenne condizione di disagio e inadeguatezza vissuta da Dejan a livello psicologico e materiale.

La parte finale, la più bella e ispirata, è davvero sorprendente per la delicatezza e la sensibilità con cui è stata ideata e girata. Siamo a casa di Kaca, una giovane collega di Dejan che lo ha invitato a cena insieme alla sorella di lei e al suo fidanzato. Il protagonista si sveglia nel cuore della notte a casa dalla ragazza dopo essersi addormentato profondamente dopo la cena. In preda al disagio e all’agitazione Dejan abbandona in tutta fretta l’abitazione, nonostante Kaca lo inviti a rimanere lì fino al mattino. Una volta uscito, la macchina da presa si sofferma a inquadrare per due – lunghissimi – minuti la porta di casa dall’interno, fino a quando si sente bussare dall’esterno per veder poi rientrare in scena Dejan, che chiede alla ragazza di poter dormire lì. L’azione si sposta in camera di Kaca, con la mdp posizionata frontalmente ai piedi del letto. I due sono sdraiati, distanti l’uno dall’altra, i loro corpi s’intravedono appena, la camera inquadra le loro figure dal basso verso l’alto. La scena prosegue con Dejan che a un tratto, sdraiato su un fianco, di spalle a Kaca, si volta e le carezza il viso. La mdp, sempre statica, li riprende in modo pudico e delicato, ad altezza materasso e a debita distanza, mentre si avvicinano e iniziano a toccarsi e a baciarsi. Poco dopo i due finiscono avvinghiati e ribaltati, coi visi ai piedi del letto mentre si accingono a fare l’amore. Adesso i loro volti sono quasi addosso all’obiettivo della camera, rimasta ferma immobile a riprendere questi attimi di passione e intimità che per Dejan coincidono con un momento di liberazione a lungo atteso e agognato, con la perdita della verginità e il conseguente allontanamento dal nido materno che lo ha protetto ma gli ha tarpato le ali per troppo tempo. Una delle scene d’amore e di sesso più belle e autentiche degli ultimi anni, così intensa, fluida e naturale da far intuire quanto dev’essere stata ostica e complicata la realizzazione del piano sequenza. Un realismo e un’autenticità ottenute anche grazie a un sottile e minuzioso lavoro di sound design, che si affida ai silenzi e ai rumori di fondo e rinuncia totalmente alla colonna sonora.

voto_4

Boris Schumacher
Appassionato di cinema da che ne ha memoria, ha studiato Storia e Critica del Cinema a Firenze dove vive tuttora. Folgorato dal genio creativo di Stanley Kubrick e di Orson Welles, si autodefinisce un malato di cinema più che un cinefilo. Vero e proprio onnivoro, vede di tutto, dal cinema d’autore a quello di genere con un particolare occhio di riguardo verso l’horror e il thriller. Adora il cinema orientale, in particolare quello coreano, il cinema d’animazione (stravede per la Pixar e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata) e qualche anno fa è rimasto ipnotizzato e folgorato dalle opere del cineasta ungherese Béla Tarr. Scrive anche su Taxi Drivers, web magazine di cinema e cultura e Orizzonti di Gloria – La sfida del cinema di qualità. In passato ha collaborato con Cinemonitor e FilmVillage mentre su MyMovies ha pubblicato un approfondimento sulla serialità statunitense. All'inizio del 2012 ha creato Lost in Movieland, pagina facebook dedicata alla Settima Arte.